“La musica è un suono tempestoso, trascinante, implacabile, devoto, sinuoso, sottile, di una bellezza straziante che, dal punto di vista dei testi, passa dal cinico al sanguigno, dallo sconfitto al provocatorio, affrontando l'amore, la guerra, la bellezza, i bambini, il romanticismo, il rifiuto, Pethedine (farmaco analgesico oppioide, ndr), poesia, mutandine, Dio, Auden, Johnny Cash, patate fredde, troppi soldi, non abbastanza soldi, blocco dello scrittore, fiori, animali e ancora fiori”. Così dice Nick Cave, uno che di musica e di mistero della vita se ne intende.
Ci sono tanti modi di approcciare un disco, dal più casuale (prendere random un vinile dallo scaffale) al più dedicato (voglio ascoltare questo e soltanto questo disco!). Ci sono modi superficiali, curiosi, interessati, specifici, approfonditi, storiografici, sociologici, filosofici, banali. Insomma, tanti modi. Ci sono anche modi misteriosi. Ad esempio quando la musica, anche e soprattutto quella che avevi dato maggiormente per scontato, ti arriva da sola. È così che funziona spesso, perché la musica ha un potere tutto suo.
Viene creata da qualcuno in qualche posto e poi viene lasciata andare. È affare suo arrivare o no. A volte arriva tanti anni dopo che hai ascoltato per la prima volta quel disco e ti era sembrato banale, trascurabile. Poi, improvvisamente, senti che aveva un potere immenso. Dipende anche da te, ovviamente. In che condizioni mentali ti trovi; quanto sei cambiato da allora; quanti altri ascolti hai accumulato; quanto la tua mente si è liberata da preconcetti e auto imposizioni. Dipende anche dalle condizioni meteo e dal luogo dove ti trovi. A me tante volte è successo così.
Tanti anni fa dovevo recarmi per lavoro in provincia di Cremona, un territorio a me sconosciuto e mai battuto. Non avevo neanche Google Maps per orientarmi. Ero agitato (sono ansioso e pauroso di natura). Era anche un periodo particolare della mia vita in cui ero molto fragile e sotto stress, sottoposto a diversi situazioni difficili. Presi in ufficio alcuni dischi per ascoltarli durante il viaggio, a caso. All’andata, con la paura di perdermi, ascoltai ma senza prestare attenzione quasi a nulla. Un po’ come succede quando guidi in città in mezzo al traffico. Puoi aver messo su anche il più bel disco del mondo ma la musica entra ed esce senza quasi che te ne accorga. Al ritorno accadde l’imprevisto.
Tra i dischi che presi, non so perché, c’era Help! dei Beatles. Come tutti i ragazzi degli anni 70 sono cresciuto con le due leggendarie antologie doppie, la rossa e la blu, in casa. Avevo ascoltato quei dischi allo sfinimento e mi piacevano un sacco. Poi mi orientai su altro e i Beatles furono per me capitolo chiuso. Certo: dei geni, ma pensavo mi avessero detto tutto quello che avevano da dire. Delle due antologie la mia preferita era sempre stata la blu, quella del periodo 1967-1970, la seconda fase dei Fab4. Erano più rock, erano meno “yeh yeh yeh”, erano più tosti.
Quel giorno presi invece un disco della prima fase dei Beatles. Volevo provare a vedere che cosa mi avrebbe detto, non so bene perché.
Help!, il film, visto alla tv negli anni 70, era il mio film preferito del quartetto, in quel disco che ne era in qualche modo la colonna sonora, c’erano ovviamente Yesterday, Ticket to ride, la title track, tutti pezzi strafamosi che amavo già molto. Ma il resto?
Successe che sulla strada del ritorno verso Milano ebbi una sorta di epifania. Avevo memorizzato le strade, avevo svolto i miei impegni di lavoro in modo che ritenevo soddisfacente. Era sceso il buio, era inizio primavera. L’aria era mite e profumata. Non c’era più il sole forte dell’andata e mi trovai per strade isolate di campagna semi deserte in mezzo agli alberi e tutto mi sembrava perfetto. Partì il cd, e con esso nel cielo stellato una meravigliosa luna quasi piena che sembrava indicarmi la strada.
Certo, direte, condizioni ottimali che congiurano potrebbero farti apprezzare anche Fedez, ma non è così in realtà. Sicuramente quella sera tutto cospirava perché io mi innamorassi di quel disco, ma il suono che mi giungeva era un suono diverso da come avevo ascoltato quelle canzoni in precedenza. Potevo cogliere ogni sfumatura, ogni singola nota, ogni armonia vocale. Il cervello era in completa sintonia. Ed è in quei momenti che si può davvero apprezzare la musica.
Chi erano i Beatles di quel periodo, l’inizio del 1965? I tempi stavano cambiando. Il gruppo di Liverpool aveva diversi anni di carriera e già quattro dischi di carriera di successo mondiale dietro di loro, avevano vinto anche perché non avevano concorrenti. Ma a inizio 1965 dei rivali si erano fatti avanti. Il pubblico cominciava a rivolgersi verso una musica diversa, il blues e il rock blues di band come i Rolling Stones che mentre i Beatles giravano Help! stavano scrivendo Satisfaction; gli Animals avevano piazzato un numero uno in classifica e così i Kinks. Gli Who stavano per farlo. I Beatles avevano dei rivali, ma loro erano troppo concentrati su se stessi per accorgersene. È con questo disco che i Fab4 cominciano a svoltare, ad accrescere la loro capacità compositiva, a diventare adulti. Nessuno, ad esempio, avrebbe mai immaginato che uno di loro avrebbe scritto e inciso un pezzo completamente da solo e per di più con accompagnamento di un quartetto d’archi. Ma benché Help! contenga Yesterday, è più il disco di Lennon che di McCartney.
John riprende e approfondisce la vena intimista e depressa di I’m a loser nel disco precedente con la title track che, a parte il tono brioso della musica, è una autentica dichiarazione suicidale: non c’è successo e soldi che possano confortare chi si senta depresso, anzi, è il contrario. Nessuno aveva messo così tanto di se stesso in una canzone pop prima di allora. Lennon infila poi una serie di brani di livello altissimo: la dilaniata You’ve got to hide your love away; l’immensa, musicalmente ricchissima, con cambio di tempo e chitarre jingle jingle Ticket to ride che avrebbe influenzato non poco gli americani Byrds; la bellissima ballata dalla sconfinata malinconia It’s only love; l’incalzante You’re going to lose that girl che si rifà a certi brani Motown dei girls Group dell’epoca. A fine disco, seguendo l’origine puramente rock’n’roll del gruppo, piazza una potentissima performance vocale in Dizzy Miss Izzy, seconda sola a quella stratosferica che aveva fatto con Twist and shout.
Paul compone di meno, ma sempre di alto livello. Oltre a Yesterday (McCartney non voleva che fosse pubblicata come singolo in Gran Bretagna perché pensava che avrebbe minato il loro status di rock’n’roll band. Musicalmente complessa, dal testo immensamente triste, è oggi la canzone più coverizzata della storia, ma non è mai stata eseguita in modo così bello come lo fa McCartney in questo disco), il pulsante rock’n’roll di The night before; l’eccitante country scatenato di I’ve just seen a face; un altro rock’n’roll in pieno stile beatlesiano con Another girl.
L’unico brano che sembra composto come a inizio carriera a quattro mani tra Lennon e McCartney si direbbe Tell me what you see, dove le voci dei due amici si compenetrano meraviglia. Come sempre Ringo ha a disposizione un brano, in questo questo disco Act naturally, resa famosa dal cantante country americano Buck Owens un paio di anni prima, mentre George può finalmente proporre ben due brani, la splendida I need you e l’altrettanto bella You like me too much.
Il disco segna la transizione dal pop commerciale ottimista della prima beatlemania alla scrittura di canzoni più introspettive e malinconiche di Rubber Soul. In un certo senso, è un disco in crisi d'identità, incerto se si tratti di un album a sé stante o semplicemente di una colonna sonora del film con lo stesso nome. La versione americana per di più tralasciò la maggior parte del secondo lato del disco britannico, usando brani strumentali dal film.
C’è una spavalderia irresistibile che si irradia da ogni solco di Help!, un album realizzato dai Beatles all'apice della loro ubiquità e vicino al vertice della loro potenza. È una spavalderia che ti colpisce dritto allo stomaco e ti chiede di riascoltarlo infinite volte.
I Beatles non hanno mai inciso nel corso della loro carriera qualcosa che non fosse superbo. Rubber Soul, Revolver, Sgt Pepper, il White Album, Abbey road sono dischi inarrivabili. Ma in Help! c’è un entusiasmo, una freschezza, l’immediatezza di un gruppo di amici che ancor oggi ti dicono che la vita, nonostante tutto, è bella. Questo erano i Beatles e se mi chiederete qual è il loro disco che preferisco…. Forse lo avete capito.
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