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Da Carnaby Street a Big Pink Nella sua vita artistica Eric Clapton ha coronato ogni sogno che portava nel cuore. Ragazzino innamorato del blues, ha iniziato la sua carriera nell’esplosiva ed effervescente scena del british blues degli anni 60, prima facendosi le ossa negli Yardbirds poi entrando in quella fucina di talenti che furono i Bluesbreakers di John Mayall. La scena dell’epoca si evolve in quella stagione che molti considerano il vertice della musica rock, le colorate visioni psichedeliche lanciate dai Beatles in Inghilterra e raccolte dai Byrds in America. Lo stesso Clapton, fondando i Cream, porta questa scena alla sua massima espansione. Dopo di che Eric si innamora di nuove frontiere musicali, il southern soul di Delaney and Bonnie, e si aggrega al loro carrozzone. Mentre a inizio del nuovo decennio, i 70, è intento a registrare un nuovo progetto musicale in Florida, conosce Duane Allman, leader della Allman Brothers Band, il gruppo emergente americano più quotato del momen
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Blue Moon:  la più grande ballata di Elvis Presley?   Si sente il suono minimale, tappeggiato, a tenere un ritmo ultraterreno, una chitarra che sembra sia stata registrata in un’altra stanza, anzi fuori, lontano qualche chilometro. La voce di Elvis ha un’eco inquietante ed è in ritardo, sembra anch’essa provenire da altrove. E’ una incisione che terrorizza, che fa paura, che esprime una sensazione di disagio e di allarme profondo, e allo stesso tempo di inestinguibile solitudine. Qualcosa che allora, negli anni 50, nessuno avrebbe mai osato fare.   Blue Moon , incisa da Elvis Presley nel 1954 , esprime un senso di solitudine, di angoscia, di paura, portando l’ascoltatore tra le paludi del Mississippi, o nel cimitero di Tupelo, dove in una scatola per scarpe è stato sepolto il suo gemello, nato morto al momento del parto. Sembra di percepire un lupo ululare nella notte oscura alla luna, si percepiscono vibrazioni oscure e cuori devastati.     Effettivamente il titolo della canzone fa ri
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  RIPORTANDO TUTTO A CASA OVVERO LA NASCITA        DELLA CONTRO CULTURA AMERICANA  /   TERZA E ULTIMA PARTE A questo punto, ci si alza, si gira il disco e si fa partire la seconda facciata . Il fotografo della immagine di copertina del disco, che era presente alle registrazioni del disco, Daniel Kramer, racconta che Bob Dylan incise i primi tre pezzi (Mr. Tambourine Man, Gates of Eden e It’s Alright Ma in una unica sessione, uno dopo l’altro senza interruzione. Avrebbe fatto così, dice, perché brani troppo lunghi da ripetere in diverse sedute e Dylan non ne aveva voglia (tipico del suo modo di registrare). Ma soprattutto perché Dylan, da sempre, incide come se si trovasse su un palco, a un concerto, con un pubblico immaginario davanti: esecuzioni live, dirette, spontanee, senza ritocchi e sovra incisioni. In realtà sono emerse altre due take di It’s Alright Ma. Passando dalle visioni alla Jack Kerouac di Tambourine Man a quelle bibliche e apocalittiche di Eden, Dylan srotola in un mic