Amore e furto 

o la tecnica dei loci in Bob Dylan



La tecnica dei loci (plurale del termine latino locus, che significa "luogo"), anche chiamata "palazzo della memoria", è una tecnica mnemonica introdotta in antichi trattati di retorica greci e romani (Rhetorica ad HerenniumDe oratore, e Institutio oratoria). La tecnica dei loci viene anche chiamata "Metodo del viaggio" (Journey Method, in inglese), in cui vengono immagazzinate liste di elementi, oppure tecnica della Roman Room (ovvero "della stanza romana"), che risulta più efficace per una memorizzazione di informazioni prive di relazione tra loro. In pratica, si tratta di un metodo di miglioramento della memoria che utilizza la visualizzazione di elementi per ricordare e organizzare le informazioni. (…) L'utilizzo di luoghi e posizioni fisiche era particolarmente presente nelle tecniche mnemoniche antiche, tuttavia il termine “tecnica dei loci” non venne utilizzato esclusivamente in riferimento a schemi di memorizzazione basati sull'organizzazione spaziale. Ad esempio, Aristotele parla di topoi (luoghi) in cui i ricordi vengono riuniti.  (da Wikipedia).

 


Nessuno sa se Omero, l’autore dell’Iliade e dell’Odissea, sia mai esistito. Di certo non ha lasciato nessuna documentazione scritta delle sue opere. Allora, il modo in cui si tramandavano i suoi lavori e un po’ di tuti gli autori di quell’epoca, era appunto la tecnica dei loci. Un poeta, un autore, sentiva la trasmissione orale di un’opera, la riprendeva e aggiungeva parti, episodi, scene a suo piacimento, mantenendo la struttura ma cambiandone largamente lo svolgimento. È la stessa tecnica che ha tramandato le fiabe fino a noi, variandole in continuazione.

 


In un interessante articolo  intitolato In memoriam: welcome to Bob Dylan’s Modern Times, pubblicato nel 2006 quando uscì l’omonimo album, Stephen Hazan Arnoff, cerca di dimostrare fondamentalmente sin dall’inizio della sua carriera, Bob Dylan ha utilizzato sempre di più nelle sue canzoni la tecnica dei loci. “Quando Mikhal Gilmore di Rolling Stone chiese a Bob Dylan il significato del suo album Love and Theft uscito l'11 settembre 2001, Dylan offrì una metafora che catturava l'essenza della sua visione artistica: ‘Sai, stai parlando con una persona che ha la sensazione di passeggiare continuamente tra le rovine di Pompei. È sempre stato così, per un motivo o per l'altro’” cita Arnoff. 

Le tante polemiche nate appunto quando fu possibile ascoltare quel disco, accuse di plagio, di utilizzo di versi di altri poeti etc, Dylan le aveva già preannunciate proprio con il titolo del disco, “amore e furto”. 

“Le storie che Dylan racconta” dice ancora Arnoff, “si fondano sulla memorizzazione creativa di volti, nomi, storie, frasi e melodie altrimenti congelate nel passato (…) La materia prima delle canzoni di Dylan è un'esauriente biblioteca di cultura popolare che fuoriesce dagli scaffali della memoria collettiva sullo scrittoio del poeta per essere archiviata; pezzi di un puzzle culturale configurati e riconfigurati, ogni canzone un incontro di "ricordo" con il canone popolare in cui si svolgono gli elementi della ricerca di un eroe”.


Non c’è plagio alcuno allora nell’opera di Dylan, ma una continua citazione di elementi che l’artista ha archiviato nei “loci” della sua memoria e che opportunamente, in modo conscio e inconscio, tira fuori all’occorrenza e così facendo permette la conservazione di elementi storici altrimenti perduti o ignorati. 

“Attraverso l'ascolto e la ripetizione ossessiva, attenta e meditativa, Dylan si è rimpinzato della struttura profonda della musica della Carter Family e di Robert Johnson, così come dei sonetti di Shakespeare e della poesia di Rimbaud, delle frasi e dei personaggi di James Dean e James Dillon, ed essendo l'ascoltatore molto avido che è sempre stato, si è rimpinzato anche di quasi ogni altra forma di contenuto culturale. Durante questo processo ha immagazzinato questo materiale, meditandoci sopra e rielaborandolo in modo che "[a] un certo punto, alcune parole cambieranno e inizierò a scrivere una canzone". Il risultato – musicalmente, liricamente e tematicamente – è una rielaborazione di un memoriale di contenuti ereditati posto sul quadro di una canzone”.



Arnoff cita il brano Rollin’ and tumblin’ presente proprio su Modern times: “Consideriamo l'ovvio esempio di Rollin' and Tumblin’ di Modern Times: le sue parole, la musica e il tempo escono direttamente dalla struttura profonda dell'originale  eseguito nel modo più famoso da Muddy Waters, che probabilmente creò lui stesso una versione della canzone partendo da idiomi e forme blues che già viaggiavano in America per generazioni prima di fondersi nell'esibizione di un maestro cantante e narratore in un locale nel South Side di Chicago. Gli esempi della pratica di Dylan di ripetere materiale "vecchio" per produrre materiale "nuovo" abbondano perché questo è esattamente il modo in cui Dylan lavora come poeta e musicista tradizionalmente radicato”.

Tutto questo apre una nuova visione di cosa sia Bob Dylan e allontana le sciocche accuse di plagio. Dylan è un custode della tradizione, un testimone di un’America perduta e rinegata, ma non solo, è un poeta universale. Il suo ultimo disco, Rough and rowdy ways, è strapieno di citazioni che risalgono ai tempi di Giulio Cesare e dei presidenti americani nell’arco di un secolo, così come le citazioni musicali sono sparse un po’ ovunque. Per chi ha voglia di cercare, si aprirà un universo affascinante e intrigante.


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